sabato 12 ottobre 2013

Donne italiane (ma non solo) e PIL

In tanti si preoccupano perché in Italia l' occupazione femminile e' molto bassa. Sembra dunque che le donne italiane siano nullafacenti. Ma e' cosi', e' veramente un problema se le donne non lavorano?

Facciamo un esempio una signora sposata con prole e genitore anziano da accudire.
La signora va a lavorare, quindi ha bisogno di un asilo e di un ricovero per il genitore. Essa produce un reddito, il suo lavoro, ma d' altro canto ha bisogno di servizi statali, per i figli, l'asilo, e per il genitore anziano, il ricovero. In questo caso la signora produce un reddito, da conteggiare nel PIL, molto alto, ossia il suo stipendio, la spesa pubblica per l' asilo, e quella per il ricovero. Questa signora fa aumentare molto PIL, ma purtroppo anche la spesa pubblica e quindi il debito pubblico.
Altro esempio, una signora, nelle stesse condizioni della prima, ma che non lavora, quindi che necessita di un assistenza pubblica, asilo e ricovero, molto limitata, in questo caso il PIL non aumenta, infatti la signora non ha uno stipendio ed inoltre ha bisogno di un asilo in modo molto limitato e anche di una limitata assistenza per il suo genitore anziano. Quindi la signora non contribuisce al PIL, ma d' altro canto non chiede neanche assistenza allo Stato, quindi non fa aumentare neanche il debito.
L' esempio, non serve per dire che le donne devono stare a casa, anche perché' se al posto di una signora ci fosse un signore, i risultati non cambierebbero. L' esempio, piuttosto, vuole porre il problema di come si conteggia il PIL.

Perché' il lavoro di una casalinga non rientra nel calcolo del PIL?
Perché se mi pitturo casa da solo non rientra nel PIL?
Insomma se nel calcolare il reddito di una famiglia, fosse conteggiato anche il lavoro in proprio, in questo caso il lavoro della casalinga, ma potremmo anche considerare il lavoro di un signore che va a raccogliere la legna, quindi che magari lavora 5 ore al giorno, perché' nelle altre ore fa lavori per se, forse il PIL italiano sarebbe molto più alto, forse anche il PIL del mezzogiorno sarebbe molto più alto, e si scoprirebbe che al sud non si sta poi così male.
Calcolare il PIL, come si calcola ora, conduce ad una visione della società estremamente mercantilistica, non esiste altro modo di produrre reddito se non comprando e vendendo, quindi le donne che non lavorano, sembra che siano inutili, nessuno pensa che magari producono più profitto per la società di quanto ne produca una che lavora.
Questa visione,inoltre, comporta una spinta verso la massima occupazione, perché solo se si vende il lavoro viene conteggiato, mentre se si produce per se no. Ma la spinta verso la massima occupazione è anche una spinta all' aumento di offerta di lavoro e quindi ad una diminuzione dei salari (se aumenta l'offerta diminuisce il prezzo), diminuendo i salari il PIL diminuisce, e come abbiamo visto sopra spinge anche ad un aumento del debito, perché spinge ad un aumento dei servizi statali.
Alla luce di quanto detto, noi italiani, che per cultura e usi, abbiamo una minor propensione al lavoro femminile, dobbiamo richiedere in Europa un qualche coefficiente che permetta di inserire nel calcolo del PIL, anche i lavori di auto produzione, specialmente i lavori casalinghi.

Sarebbe inoltre interessante aprire un dibattito sulla possibilità di valutare questi lavori come evasione fiscale ("evasione fiscale" lo uso per assurdo).

Nessun commento:

Posta un commento